Nato da un'intuizione geniale, figlia dell'idea Vespa, il «tre ruote»
Piaggio è diventato per molti un compagno di lavoro, di vita e di
svago. Un successo italiano, che conta oltre 2.000.000 di esemplari
nella sola Europa, e un classico, diffusissimo esempio della nostra
genialità povera che ritroviamo battezzato con nomi esotici e colorati,
dai «risciò» di Bombay ai «tuc tuc» di Bangkok, poi esportati sino al
lungomare di Brighton. Un mito che ha condiviso, molti momenti chiave
della nostra storia. L'Ape debutta
nel 1948. È un anno da ricordare: entra in vigore la Costituzione
della Repubblica Italiana, il Torino conquista lo scudetto, le
Olimpiadi di Londra siglano le vittorie di Zatopek e Consolini. Vittorio
De Sica vince l'Oscar con il film
Ladri di biciclette e le nuove
tecnologie ci regalano il disco a 33 giri, il transistor e la
cibernetica.
Le ragioni del successo Finita
la seconda guerra mondiale l'economia italiana comincia a risollevarsi. È
il momento della seconda idea vincente di Enrico Piaggio: affidare
all'ingegnere aeronautico Corradino D'Ascanio il progetto di un
motofurgone derivato dallo scooter. E infatti il primo modello Ape
mantiene molti componenti della Vespa, come lo scudo anteriore, il
manubrio e il motore 125 cc. Dietro, invece, troneggia l'inedita coppia
di ruote con sopra un pianale capace di trasportare 200 kg di carico. Il
listino di 170.000 lire non è certo insignificante rispetto alle
139.152 lire di reddito medio annuo degli italiani. Ma Enrico Piaggio
importa dagli Stati Uniti il sistema di vendita rateale. Una formula che
consente di pagare l'Ape con il progredire degli affari. I primi
clienti sono piccoli e medi commercianti e artigiani delle città che si
affrettano a personalizzare la flotta di Ape con stemmi e slogan delle
imprese. Il passaggio alle campagne è
fulmineo. Nel primo
dopoguerra il 45% dell'economia proviene dal settore agricolo.
Modificato e spesso trasformato in veicolo «tutto terreno«, l'Ape
diventa parte del paesaggio. In più il tre ruote Piaggio è facile,
tetragono alla fatica, parco nei costi di gestione e non richiede la
patente.
L'evoluzione Con gli anni e le
rinnovate esigenze della società l'Ape si evolve offrendo versioni
sempre nuove. Crescono la cilindrata e la portata utile che con il
Pentarò a cinque ruote arriva a 700 Kg. La ricca gamma di allestimenti
personalizzati riesce a soddisfare ogni esigenza. Dal 1968 si può avere
il volante, al posto del manubrio da scooter, e nel '69 debutta l'Ape
50, primo motofurgone nella classe dei ciclomotori. Nel 1982 arriva
l'Ape TM, gioiello disegnato dall'eclettico Giorgetto Giugiaro, con una
cabina in stile automobilistico.
Oggetto di costume Nel tempo
gli appassionati dell'Ape proliferano, come le avventure più fantasiose.
Vale la pena di ricordare, ad esempio, la spedizione di Giorgio Martino
e Paolo Brovelli, andati da Lisbona a Pechino dopo aver viaggiato per
25.000 Km attraverso 19 Paesi. Ma l'Ape non è solo lavoro e avventura.
Sa essere anche un oggetto modaiolo. A cavallo degli anni '60 l'Ape
Calesse, con tanto di divanetto posteriore in vimini, diventa il mezzo
di trasferimento preferito da attori, artisti e personaggi famosi tra i
vicoli di Capri, Ischia e Portofino. Il «Calesse»dell'epoca, infatti, è
un oggetto di culto per i collezionisti. Un trend che nel 2007 convince
la Piaggio a produrre il Calessino, replica dell'originale in tiratura
limitata a 999 esemplari. Un veicolo cult che Roberto Colaninno ha
voluto donare al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e a Papa
Benedetto XVI. Oggi l'Ape è un prodotto affermato nel mondo,
commercializzato in 36 Paesi. Costruito anche in India, rimane
l'infaticabile compagno di lavoro diffuso dagli Appennini italiani ai
mercati extracomunitari e asiatici.